«Un tempo il mercato in Puglia era dominato da due marchi: De Santis e Dentamaro. Il primo è rimasto in pista ed è competitivo, il secondo, invece, si è progressivamente eclissato sino ad approdare al concordato preventivo ed ora alla vendita».
Parole, queste, di Gennaro Sicolo, presidente del Consorzio Nazionale olivicoltori, per commentare il caso Dentamaro, nome storico tra le aziende pugliesi di olio, prossimo ad essere acquistato.
L’azienda è stata ammessa al concordato preventivo l’anno scorso e adesso, si apprende da fonti Coldiretti, il giudice ha disposto la vendita per il 20 novembre.
Pare ci sia chi punta ad acquisire l’intero complesso aziendale – in difficoltà finanziarie – sito a Bari, in via Caduti del Lavoro, e chi, invece, punta a pezzi dell’azienda oppure a specifici impianti.
Sul tavolo ci sarebbe già l’offerta da circa 2 milioni da parte di un’importante azienda olearia italiana, di cui ancora si tace il nome.
Le notizie parlano di vendita globale o frazionata. Se una vendita frazionata può consentire di ricavare maggiori risorse, il giudice del Tribunale civile di Bari, Nicola Magaletti, che segue il caso e che ha ammesso l’azienda al concordato, potrebbe anche preferirla.
Si calcola che i 2 milioni che si ricaverebbero dalla vendita servano soprattutto a coprire i debiti (con banche e fornitori) che la Dentamaro ha accumulato negli ultimi anni. Oltre al complesso aziendale di Bari, sono all’asta anche otto marchi aziendali. Il più famoso è “Dentamaro dal 1893”. Questo è infatti l’anno di fondazione di un gruppo che oltre a imbottigliare e produrre olio (tre marchi: L’Ulivo, L’Antico, L’Italico), aveva anche diversificato tra conserve e passate di pomodoro (“La Fattaincasa”).
L’uscita di scena di un marchio storico come Dentamaro avviene in un momento in cui tutta l’olivicoltura pugliese è fortemente sotto pressione tra danni del maltempo e diffusione della Xylella.
Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia, ha detto che «il 2018 sarà ricordato come l’annus horribilis per l’olivicoltura pugliese che conta i danni di un clima ostile e impietoso e di calamità naturali di gravità incalcolabili. La stima del danno ormai è salita ad un miliardo e 600 milioni. Al crollo produttivo in termini di olive e olio va sommata la perdita del patrimonio strutturale degli ulivi. E adesso per il ripristino del potenziale produttivo serviranno risorse ingenti e straordinarie».