I cambiamenti climatici in atto potrebbero rappresentare uno spartiacque tra modi diversi di intendere in futuro la coltivazione di piante legnose da frutto, tra cui l’olivo.
Gli studiosi stanno ripensando le principali pratiche agronomiche, per economizzare in particolare le risorse idriche, ma anche la gestione delle chiome, i sesti d’impianto, l’adozione di nuove pratiche culturali, così come lo spostamento in nuove aree potenzialmente adatte alla coltivazione.
Quest’ultimo aspetto appare il più complesso; non è semplice delocalizzare una coltivazione quando il suo prodotto è strettamente connesso al territorio e alle sue caratteristiche pedoclimatiche, vincolato anche a dei disciplinari.
L’orientamento che si stanno dando gli studiosi, quindi, punta sul potenziamento della capacità adattativa nelle piante per ridurne una “vulnerabilità genetica”.
L’olivo è una pianta capace di resilienza. Sottoposta a stress, specie idrici, è capace di adattamento, molto più di altre piante legnose da frutto (come la vite), a scapito però di un notevole dispendio di energia, che ne compromette non solo la produzione dell’anno in corso (aborti ovarici, riduzione allegagione, minor dimensione del frutto, cascole e minor quantità di olio), ma anche di quelli successivi (alternanza delle produzioni).
Cosa significa? Che, pur adattandosi a climi aridi, la disponibilità di acqua, anche minima, per l’olivo e in particolare per alcune fasi fenologiche, può migliorarne produttività e qualità.
Da un punto di vista organolettico, invece, maggiore è la disponibilità idrica tanto minore è la concentrazione fenolica dell’olio, che si riflette sull’amaro e piccante.
La tendenza attuale è quella di uno stress idrico controllato e quindi di un intervento solo nelle fasi fenologiche che consentano di mantenere alta sia la produzione (fioritura e accrescimento dei frutti) che la qualità (maggiori composti volatili responsabili del fruttato).
Ne consegue che l’evoluzione delle condizioni climatiche, imponendo un nuovo approccio scientifico e/o agronomico, determina anche dei cambiamenti repentini nel modo di comunicare.
Ed ecco quindi la necessità di investire maggiormente nella formazione, di considerare la sostenibilità non un’opportunità ma un dovere, creare sinergie tra produttori per affrontare i mercati internazionali, ridare centralità ai territori rurali e fare dell’olivo, che per millenni si è adattato ed evoluto rispetto ai cambiamenti climatici, con i suoi prodotti, il simbolo della cultura italiana nel mondo.