Secondo uno studio cileno, su piante di varietà Frantoio, il massimo potenziale produttivo delle piante, limite oltre il quale l’olivo va in alternanza, va indagato nelle condizioni climatiche e agronomiche date.
Gli studiosi sono partiti, quindi, col prendere in esame, un oliveto di Cholqui, un’area semi arida, con clima mediterraneo e una piovosità di 330 m all’anno, condotto in biologico e dotato di impianto di irrigazione per un consumo idrico complessivo di 4000 metri cubi ad ettaro all’anno.
Hanno, poi, analizzato due campagne olearie consecutive (anno 2011/12 e 2012/13), caratterizzate da alternanza di produzione, con lo scopo di comprendere come limitarla, ovvero se esistesse un carico produttivo limite, oltre il quale l’alternanza di produzione si instaurasse.
Vediamo un po’ di dati.
Nel primo anno preso in esame, la produzione media a pianta era stata di 6,3 kg/pianta mentre nel seguente di 28,2 kg/pianta con una produzione di olio a pianta rispettivamente di 0,66 kg/pianta e 2,15 kg/pianta.
Si è evinto, quindi, che il carico di frutti influenza pesantemente le variabili studiate, con particolare riferimento al rapporto polpa/nocciolo, quantità di olio nel frutto, peso dell’oliva e della polpa, carico produttivo di frutti e di olio.
Successivamente hanno effettuato le prove studiando il comportamento di piante che, negli anni di riferimento, hanno avuto produzioni diverse, dividendole in gruppi omogenei (13-14,5 kg/albero, 17-25 kg/albero, 27-35 kg/albero).
I ricercatori hanno notato che, fino a una produttività di 18 kg/pianta, il tenore di olio per chilo di frutti incrementa, per poi scendere oltre questa soglia del 39%, con un chilo di olio per chilo di frutti, che cala dal tasso dello 0,09 a quello dello 0,035.
Tenendo conto di queste osservazioni, si è ipotizzato che il massimo potenziale produttivo dell’olivo, nelle condizioni date, fosse compreso tra i 15 e i 19 kg/pianta di olive, ovvero dai 62 ai 79 quintali ad ettaro.
Oltre questa soglia, per ragioni genetiche, agronomiche e ambientali, la produttività calerebbe, innescando l’alternanza di produzione.
Possiamo concludere affermando che, a prescindere dagli studi cileni, in un contesto di agricoltura altamente competitiva e “industriale”, dovrebbe essere privilegiata una produttività costante a scapito del concetto di massima produzione.
E quindi andare oltre il rincorrere la massima produttività, riconoscendo dei limiti colturali all’olivo, per andare incontro a modelli territoriali che tengano conto della massima produttività annuale in relazione a fattori genetici, ambientali e agronomici.