Ogni bottiglia, ogni molitura, ogni annata sono una storia a sé. Meglio l’appellativo “miscela” anziché “blend”?
Ferdinando Pappalardo, frantoiano di Altamura, ha sollevato una serie di riflessioni in merito, scrivendo all’oleologo Luigi Caricato. Le riportiamo perché estremamente interessanti.
Voi cosa ne pensate?
Buongiorno,
sono Ferdinando Pappalardo, frantoiano, una piccolissima realtà della Puglia, in provincia di Bari.
Ho letto degli articoli che trattano di miscele.
Preferisco dire “miscele” e non “blend” perché, se dobbiamo valutare il prodotto 100% Italiano, dobbiamo esprimerci nella nostra bella lingua.
Le mie riflessioni sugli articoli.
Quasi tutti gli intervistati sono del centro nord Italia. Forse perché nel sud Italia dove si produce la quasi totalità dell’olio extra vergine di oliva, l’olio viene venduto in purezza e si cerca di educare i consumatori ad adoperare l’extra vergine per i vari usi con le sue particolarità di gusto e non con diversi oli prodotti altrove.
Non esiste un solo olio, ma ogni bottiglia, ogni molitura, ogni annata fa storia a sé.
Anche nel mio paese, Altamura, la maggior parte dei cittadini preferisce l’olio “dolce”.
Siamo quattro frantoiani e lavoriamo sia in conto proprio che in conto terzi.
Io adopero l’impianto a ciclo continuo dal 1984, gli altri il tradizionale, che consente di ottenere olio più “dolce”, perché le olive vengono stoccate più a lungo e l’olio che ne deriva è anche più acido.
Qui l’olio extra vergine di oliva si miscela durante la molitura tra partite più mature o meno, di diverse cultivar e ogni cisterna ha le sue caratteristiche, perciò è un olio artigianale, ogni anno diverso.
La ringrazio per l’attenzione, gradirei conoscere la sua opinione in merito e, nell’attesa, porgo distinti saluti.
Ferdinando Pappalardo