Buone nuove sul fronte Xylella.
È stato rilevato che, nel Salento, 19 esemplari di olivo selvatico non hanno presentato alcun tipo di attacco da parte del famigerato batterio.
Non si sono mostrati semplicemente tolleranti – e quindi potenzialmente contagiabili da Xylella fastidiosa, senza però pregiudicarsi vitalità e potenziale produttivo – come Leccino e FS17, ma proprio immuni.
La sperimentazione è stata portata avanti da Giovanni Melcarne, in collaborazione con il CNR.
Al momento gli esemplari in questione (nell’agro di Gallipoli che è il focolaio iniziale dell’infezione, ma anche a Ugento, Taviano, nel nord Leccese, come a Trepuzzi) sono risultati immuni a cinque cicli di analisi effettuate e dopo 15 mesi di osservazioni.
Certo, è ancora presto per parlarne con certezza assoluta e scientifica, ma le premesse sembrano molto incoraggianti. Occorreranno ancora due-tre anni di sperimentazione perché gli olivastri selezionati possano essere scientificamente definiti immuni al batterio.
Nel caso ciò accada, si apre un ventaglio di possibilità interessanti, come l’utilizzo immediato di tali olivastri per l’innesto su piante secolari, preservandole, così, dalla batteriosi.
Parlando, appunto, di prospettive, Melcarne ha spiegato che: “Gli esemplari sono stati scelti tenendo conto di alcuni aspetti produttivi, perché abbiano un discreto carico di olive e una pezzatura almeno delle dimensioni della Cellina e Ogliarola. Cerchiamo specie che abbiano drupe grosse, tali che, se coltivabili, consentano all’agricoltore di trarre reddito. Tutti i semenzali che dovessero risultare immuni verranno testati, infatti, anche a fini produttivi. Il passo in avanti sarebbe quello di trovare una pianta con dna autoctono”.
Prospettive più a lungo termine vengono dalle genetica, individuando cioè il meccanismo di resistenza di questa tipologia selvatica, per poterlo trasferire alle altre varietà tramite programmi di miglioramento genetico.