Recuperare scarti organici derivati da coltivazioni e allevamenti per realizzare impianti per la distribuzione del biometano agricolo in Italia rappresenta la nuova frontiera con cui alimentare il trasporto pubblico ma anche auto private o trattori usati per il lavoro nei campi.
(Il Biometano è un gas metano naturale e rinnovabile, derivato dal processo di purificazione [upgrading] del biogas [miscela di metano e anidride carbonica] ottenuto dalla valorizzazione di prodotti e sottoprodotti della filiera agricola e agroindustriale. I vantaggi ambientali sono nella riduzione delle emissioni di gas serra, oltre che nello sviluppo di zone agricole che possono contribuire alla produzione grazie alle materie prime di scarto.)
L’obiettivo, lanciato dal protocollo d’intesa da Coldiretti, Bonifiche Ferraresi, A2A, Snam e Gse – Gestore dei servizi energetici, è quello di immettere nella rete 8 miliardi di metri cubi di biometano dal 2018 al 2030. Un percorso virtuoso e un esempio concreto di economia circolare “dalla stalla alla strada”. Tra i vantaggi portati c’è sicuramente il taglio degli sprechi, la riduzione delle missioni inquinanti, lo sviluppo della ricerca in un campo come quello dei carburanti green e un passo in avanti verso una filiera che potrebbe portare nuovi posti di lavoro.
Secondo Piero Gattoni, presidente Cib (Consorzio Italiano Biogas), intervenuto nei giorni scorsi a Bruxelles ad un meeting organizzato della Green Energy Platform (aggregazione europea di produttori di biocarburanti coordinata da Farm Europe, think tank impegnato nell’elaborazione di strategie energetiche che si sviluppano a partire dalle economie rurali) “Il biometano potrà rivelarsi una bioenergia rinnovabile fondamentale per l’evoluzione sostenibile del sistema energetico italiano ed europeo e per sostenere il processo di greening dei trasporti, a patto che il mercato possa raggiungere livelli produttivi congrui. L’agricoltura può giocare un ruolo da protagonista in questo sforzo e, nel farlo, può azzerare le proprie emissioni nette di gas climalteranti, grazie al modello Biogasfattobene che ruota attorno alla pratica del doppio raccolto già adottata con successo da molte aziende agricole e allevamenti italiani associati a Cib. I nostri imprenditori agricoli hanno dimostrato nell’ultimo decennio che si può produrre più biomassa dallo stesso campo senza che l’alimento del biodigestore (fuel) vada a sottrarre spazio alla produzione di cibo e foraggi (food/feed). Anzi le aziende agricole del biogas italiano sono di norma più competitive nella produzione di food a ragione di un miglior uso del suolo, della riduzione dell’uso dei fertilizzanti chimici, del riutilizzo degli scarti e grazie ad una rinnovata fertilità organica del suolo sviluppata secondo i principi dell’agroecologia”.
Gattoni ha proposto di procedere ad una revisione dei contenuti della Red2, in particolare l’Allegato IX Parte A, dove si dichiara che le colture aggiuntive ad alto contenuto di amido non sono ammesse per la produzione di biometano avanzato.
Il Consorzio Italiano Biogas sostiene che: se la coltura è ‘aggiuntiva’ rispetto a quella normalmente programmata per la produzione di cibo e foraggi, che senso ha limitarne la tipologia? Ciò che conta è l’efficacia fotosintetica e la capacità di aumentare la fertilità organica del suolo. Cib ritiene che questo passaggio conduca a una forte limitazione della futura produzione di biometano agricolo e a un depotenziamento del contributo complessivo che l’agricoltura potrebbe portare alla lotta contro il cambiamento climatico non solo tramite la produzione di un gas rinnovabile ma con una ritrovata funzione dei suoli agricoli come serbatoi di carbonio. Chiediamo quindi di valorizzare la produzione aggiuntiva di biomassa per ettaro e per anno in quanto tale, a prescindere dalla sua tipologia”.