Mercoledì 14 Novembre si è tenuto l’incontro, alla Camera di Commercio di Roma, nel Tempio di Adriano in Piazza di Pietra nella Capitale, sui temi: Brexit, bilancio dell’Unione e nuova Politica agricola europea, con la presenza del presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini.
Secondo quest’ultimo non deve essere l’agricoltura – settore chiave per vincere le nuove sfide che l’Unione deve affrontare, dai cambiamenti climatici all’immigrazione alla sicurezza – a pagare il conto della Brexit.
Lo afferma vigorosamente la Coldiretti – in seguito a un’indagine dell’associazione in collaborazione con Ixé – nella bozza di accordo tecnico raggiunto tra Ue e Gran Bretagna.
Nel prossimo bilancio dell’Ue indebolire l’agricoltura, che è l’unico settore realmente integrato dell’Unione, significherebbe minare le fondamenta della stessa Ue in un momento particolarmente critico per il suo futuro.
Secondo Eurobarometro, il 90% dei cittadini europei sostengono infatti la politica agricola a livello comunitario per il ruolo determinante che essa svolge per l’ambiente, il territorio e salute.
Degli intervistati, due italiani su tre (il 63 per cento del campione) ritengono che le politiche dell’Unione Europea sul cibo danneggino il Made in Italy a tavola, mentre solo il 10% crede che l’agroalimentare tricolore stia beneficiando delle scelte comunitarie.
La maggioranza pensa che la regolamentazione comunitaria e le recenti scelte in materia di trattati internazionali non siano adeguate a garantire la qualità, la sicurezza ma anche il rispetto delle tradizioni enogastronomiche della penisola.
Insomma, quasi la metà degli italiani (46%) è convinta di essere in credito rispetto alla Ue, con una percentuale ben superiore a chi ritiene di essere in debito (19%) e a chi considera che il rapporto tra dato e ricevuto sia in pari (26%).
Per questo, sostiene la Coldiretti, “è necessario che il nostro Paese si batta contro ulteriori tagli nel nuovo bilancio europeo a carico della Politica agricola comune (Pac), che aggraverebbe la condizione di pagatore netto del nostro Paese. C’è l’esigenza di ‘riequilibrare’ invece la spesa facendo in modo che la Pac possa recuperare con forza anche il suo antico ruolo di sostegno ai redditi e all’occupazione agricola per salvaguardare un settore strategico per la sicurezza e la sovranità alimentare e per contribuire alla crescita dell’intera economia europea”.
Secondo Prandini “vanno ribaltati anche gli attuali parametri per l’assegnazione delle risorse. L’Italia dovrebbe incassare di più se si tiene conto della ricchezza prodotta per ettaro con il valore aggiunto per ettaro nazionale che è più del doppio della media UE28, oltre il triplo di Germania e Regno Unito, il 58% in più rispetto al valore aggiunto spagnolo e il 153% in più dei cugini francesi”.
La maggiore flessibilità prevista dalla proposta di riforma Pac dovrebbe favorire – spiega il presidente della Coldiretti – una strategia a livello nazionale che risarcisca quei settori che finora non hanno visto un cent.
Per la Coldiretti oltre al mantenimento del budget, con la nuova Pac la Ue deve puntare su nuovi criteri per tener conto della capacità dell’azienda agricola di creare occupazione e mantenere vitale l’economia nei territori rurali, investire sui giovani e rendere più efficaci ed efficienti gli strumenti per affrontare le crisi, migliorare la lotta alle pratiche commerciali sleali. Una Pac infine che – conclude Prandini – deve vincere l’omologazione e valorizzare la qualità e la distintività dell’agroalimentare.